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Affrontare «lo spaventevole, inesplorato futuro» e scoprire la meraviglia del quotidiano con le "Nuove abitudini" di R.C. Sherriff

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Nuove abitudini
di R.C. Sherriff
Fazi, novembre 2023

Traduzione di Silvia Castoldi

pp. 337 
€ 18,50 (cartaceo)
€ 9,99 (ebook)


Una leggera sensazione di benessere accompagna la lettura dei romanzi di R.C. Sherriff, scrittore e sceneggiatore inglese riscoperto grazie alle parole entusiaste di Kazuo Ishiguro e per la prima volta lo scorso anno tradotto anche in italiano da Fazi editore. Un benessere che non ha tanto a che fare con la costruzione tradizionale delle storie o un pacificante happy ending (non è detto lo si troverà, o comunque non nella forma che ci si potrebbe in prima istanza aspettare), quanto, piuttosto, con quella capacità di Sherriff di raccontare la vita ordinaria e costruire personaggi assolutamente comuni, che è la sua cifra stilistica. È il ritrovamento di una dimensione umana in cui la semplicità del quotidiano, l’ordinario, lo scorrere della vita, sanno farsi letteratura e si aprono a squarci di riflessione e spunti che non sembrano risentire del tempo intercorso tra la scrittura di queste storie e la nostra ricezione. Lo stile di Sherriff è misurato, la prosa elegante e priva di fronzoli, le descrizioni puntuali e un’ironia sottile si mescola alla profondità delle riflessioni visibili appena sotto la superficie. È una semplicità – di prosa, di avvenimenti – che contrasta con il caos in cui il mondo di lì a poco sarebbe precipitato (i due romanzi finora tradotti di Sherriff sono entrambi ambientati negli anni Trenta del secolo scorso, antecedenti al secondo conflitto mondiale) mentre oggi si discosta dalle narrazioni contemporanee e dalle urgenze del presente pur senza indugiare nella nostalgia.

Con il romanzo precedentemente pubblicato, Due settimane in settembre, Sherriff raccontava una storia piccola, priva di drammi urlati, ma ben più stratificata di quanto potesse apparire, tesa tra spensieratezza e malinconia di fronte a un cambiamento che per i protagonisti era di lì a poco pronto a dischiudersi; in Nuove abitudini, anche in questo caso tradotto da Silvia Castoldi che ben centra lo stile di Sherriff, il fulcro narrativo è proprio una rinnovata quotidianità. Facciamo la conoscenza del signor Tom Baldwin la mattina del suo ultimo giorno di lavoro prima del pensionamento da impiegato assicurativo nella City e l’affacciarsi quindi a una nuova fase della sua vita e di quella della moglie, Edith (ma pure di Ada, la domestica che è con loro da tantissimi anni). Quella che scorre davanti a noi lettori è una vita ordinaria, normalissima, di una famiglia della piccola borghesia inglese degli anni Trenta, che di punto in bianco si ritrova a gestire una fase che porta con sé inevitabile sconvolgimento e, appunto, nuove abitudini.
Tutti gli altri passeggeri, compreso il vecchio, sarebbero tornati nella City il mattino dopo, e si sarebbero ritrovati su quello stesso treno a fine pomeriggio. Con un senso di solitudine sempre più profondo, il signor Baldwin aprì il giornale della sera. (p. 20)
Lo smarrimento che investe il signor Baldwin è quello di un uomo che per quarant’anni ha vissuto una vita metodica e organizzata, forse senza particolari slanci e scosse, ma nella quale lui e la moglie si sono trovati a proprio agio, il ritmo regolare delle cose e della conversazione alla fine della giornata, dove anche il tempo libero era organizzato in modo da essere piacevole e tranquillo.
Il signor Baldwin era un uomo metodico; aveva programmato il proprio tempo libero in maniera tale da riempirlo interamente in modo piacevole, senza momenti troppo carichi né altri vuoti. (p. 21)
Ma già su quel treno che lo porta via definitivamente dalla vita nella City, una profonda solitudine e smarrimento investono il signor Baldwin, non esattamente preparato a quella seconda fase della sua vita. È necessario reinventarsi le giornate, trovando uno scopo preciso e preferibilmente grandioso. Si getta quindi in progetti nuovi, che in fase iniziale occupano le sue giornate e la sua mente in modo febbrile, eccitato dalle prospettive che intravede davanti a lui. Ma né il sogno di diventare uno storico famoso né quello più concreto di sistemare finalmente il giardino di casa sembrano andare nella giusta direzione, nonostante le energie che profusamente il signor Baldwin vi riversa. L’ironia con cui Sherriff racconta di imprese che naufragano, frustrazioni e dubbi non è mai eccessiva o maligna, ma uno sguardo benevolo seppur divertito che si posa sui tentativi del protagonista di mettere fine a quel senso di smarrimento che lo ha colto.

Ancor più interessante, tuttavia, è l’attenzione che Sherriff riversa su un altro aspetto legato al pensionamento di Baldwin, ossia su ciò che quel cambiamento comporta per la moglie:
Era strano vedere Tom convinto che siccome lui era andato in pensione, allora ci era andata anche lei. (p. 47)
Mentre il marito tenta di inventarsi una nuova quotidianità non si rende conto che nelle otto ore in cui per quarant’anni è stato impegnato fuori casa sua moglie Edith si era costruita tutta una serie di personali abitudini che non si aspettava certo le venissero sottratte o modificate di fronte alla presenza ingombrante di lui, delle sue frustrazioni celate, dei suoi progetti.
In questo romanzo Sherriff non si limita a raccontare una nuova fase della vita di una persona – fase che di questi tempi a molti della mia generazione pare fantascienza purtroppo – ma soprattutto ciò che succede in una coppia quando la quotidianità a lungo vissuta improvvisamente è sostituita da nuove abitudini e il tempo insieme si dilata nella presenza costante. Se non badiamo troppo ai dettagli specifici del luogo e del tempo, è chiaro quindi come molte delle riflessioni contenute in questo romanzo siano ancora particolarmente attuali, a partire appunto dal discorso sulla vita di coppia e i «turbamenti domestici» che coinvolgono i protagonisti.

Ma Nuove abitudini è, similmente a quanto accadeva in Due settimane in settembre, anche un’interessante meditazione sul tempo e sul confronto generazionale, in un momento storico in cui sessant’anni segnavano una fase particolare e avanzata della vita adulta. Per il signor e la signora Baldwin tuttavia è tempo di affrontare una nuova, eccitante e per certi versi spaventosa fase delle loro vite scombinate dal pensionamento e l’ultimo progetto in cui l’uomo decise di avventurarsi porterà con sé turbamenti ma anche una nuova spinta vitale e un cambiamento notevole per tutti loro. Una scelta non priva di rischi e dubbi cui come da consuetudine ognuno di loro si interroga in silenzio per non turbare l’altro, ma la spinta al cambiamento e una nuova possibilità all’orizzonte è ormai in atto.
Tirò lente boccate alla pipa. Cosa significava tutto questo? Dove li stava portando? Il futuro brillava entusiasmante davanti a loro, ma si nascondeva dietro un velo che nessun pensiero riusciva a oltrepassare. Nuovi amici? Che tipo di amici? Nuovi interessi? Nuovi piaceri? (p. 232)
Un futuro inesplorato che porta con sé un carico di domande e ansie nuove, in una fase precisa della vita in cui la novità e l’avventura sembrano appannaggio di un’età che non è più la loro. Alla sensibilità del lettore contemporaneo forse può sembrare diverso oggi che siamo abituati a sentire che non è mai troppo tardi per fare questo o quello e reinventarsi la vita, ma mettendo un po’ da parte certe frasi fatte da manuale di auto – aiuto e guardando più da vicino la realtà e le persone comuni ci renderemo facilmente conto che in effetti la spinta al cambiamento è una forza che più si lega alla vitalità della gioventù, a una certa naturale incoscienza; non per questo il cambiamento dopo i sessant’anni non è più possibile, tutt’altro, ma è chiaro che porta con sé un carico di dubbi e responsabilità diverse.
E allora accompagniamo per un pezzo di strada il signore e la signora Baldwin, seguiamoli in questa loro nuova, spaventosa ed eccitante avventura. Per poi lasciarli alla loro vita, richiudendo il cancello dietro di noi, consapevoli della ricchezza di aver potuto grazie alla letteratura sbirciare per un poco dentro quelle esistenze straordinariamente comuni.

Debora Lambruschini